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Sergio Fedele - 17/01/2025

HR News 7/2025 del 17.01.2025

Periodo di prova nei contratti di lavoro: modifiche della nuova Legge e le sue implicazioni.

Questa modifica prevede una formula precisa per il calcolo del periodo di prova, stabilendo limiti minimi e massimi che non possono essere superati nemmeno dalla contrattazione collettiva.

L'articolo 13 della Legge 203/2024 (c.d. Collegato Lavoro) apporta significative modifiche al Decreto Trasparenza, regolando la durata del periodo di prova nei contratti di lavoro.

 

Il Periodo di Prova nel Codice Civile e Le sue Funzioni

Il periodo di prova è regolato dall’articolo 2096 del Codice Civile, che stabilisce che il patto di prova deve essere scritto ad substantiam a pena di nullità e deve definire le mansioni da svolgere. La funzione di questo periodo iniziale è di consentire sia al datore di lavoro che al lavoratore di valutare la reciproca convenienza a continuare il rapporto di lavoro. Durante il periodo di prova, entrambe le parti possono recedere dal contratto senza preavviso o indennità, a meno che non sia stabilito un periodo minimo di prova, in questo caso il recesso non potrà avvenire prima della fine del suddetto termine.

 

Inoltre, la giurisprudenza ha sottolineato l'importanza di indicare in modo specifico le mansioni da svolgere, che possono essere descritte anche attraverso il riferimento a un contratto collettivo, purché i livelli e le mansioni siano ben definiti e conformi anche ai curricula. Una sentenza recente della Corte di Cassazione ha confermato la validità di un patto di prova con mansioni specificate tramite il rinvio a un livello contrattuale, rendendo sufficientemente chiaro il contenuto del lavoro assegnato.

 

Durata del Periodo di Prova: Limiti e Disposizioni

In generale, la durata del periodo di prova viene stabilita dai contratti collettivi, ma la legge pone un limite massimo di sei mesi. Se questo periodo si prolunga oltre i sei mesi, si applicano le normative riguardanti i licenziamenti. Durante il periodo di prova, il datore di lavoro può interrompere unilateralmente il contratto senza dover giustificare la sua decisione.

 

Il lavoratore, da parte sua, ha l’onere di dimostrare che il recesso è stato illegittimo, qualora ritenga di aver superato positivamente il periodo di prova.

 

Le Modifiche Introdotte dal Collegato Lavoro nel Contratto a Termine

La principale modifica introdotta dal Collegato Lavoro riguarda il calcolo della durata del periodo di prova nei contratti a termine. La nuova normativa stabilisce che, per i contratti a tempo determinato, la durata del periodo di prova sarà calcolata in base a un giorno di prova di lavoro effettivo per ogni quindici giorni di calendario di durata del contratto.

 

Tuttavia, non sono previsti periodi inferiori a due giorni né superiori a 15 giorni per contratti della durata massima di sei mesi (fino a 6 mesi) e a 30 giorni per contratti superiori a sei mesi (6 mesi e 1 giorno) ma inferiori a dodici mesi (12 mesi meno 1 giorno).

 

Questa formula di calcolo si applica automaticamente, ma è possibile che le disposizioni della contrattazione collettiva modifichino il periodo di prova se favorevoli, purché i limiti minimi e massimi stabiliti dalla legge vengano rispettati, in ogni caso la contrattazione collettiva non può derogare limiti minimi e massimi. Tali regole troveranno applicazione solo per i contratti a termine stipulati con data di decorrenza dal 12 gennaio 2025.

 

Esempi Pratici di Calcolo

Per illustrare come funziona il calcolo della durata del periodo di prova nei contratti a termine, consideriamo alcuni esempi:

 

  • Un contratto di 59 giorni avrà un periodo di prova di 3 giorni.
  • Un contratto di 181 giorni (circa 6 mesi) avrà un periodo di prova di 12 giorni.
  • Un contratto annuale di 365 giorni avrà un periodo di prova di 24 giorni.

 

In ogni caso, la durata del periodo di prova è sempre proporzionata alla durata effettiva del contratto, secondo la formula stabilita dalla legge. Per i contratti non inferiori a 12 mesi si ritiene che non è previsto alcun limite massimo.

 

Il Rinnovo dei Contratti e l’Esclusione del Periodo di Prova

Una novità importante introdotta dalla nuova legge riguarda i contratti rinnovati: se un contratto viene rinnovato per svolgere le stesse mansioni, il lavoratore non sarà soggetto a un nuovo periodo di prova. Questo significa che il datore di lavoro non potrà più ripetere il periodo di prova al momento del rinnovo, se le mansioni rimangono invariate.

 

Aspetti Controversi e Interpretazioni

Nonostante i chiarimenti, alcune questioni rimangono ancora aperte, in particolare riguardo al termine "disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva". Ci si interroga su cosa si intenda esattamente per trattamento favorevole, se riferito al datore di lavoro o al lavoratore. In alcuni casi, una durata inferiore del periodo di prova potrebbe essere più vantaggiosa per il lavoratore, ma è necessario un ulteriore approfondimento giuridico.

Inoltre, il calcolo del periodo di prova potrebbe portare a frazioni decimali che necessitano di un chiarimento su come vanno arrotondate. Alcuni esperti suggeriscono che il metodo più comune sia il troncamento dei decimali, ma in futuro potrebbe emergere una regola più chiara in tal senso.

 

Le modifiche introdotte dalla Legge 203/2024 sul periodo di prova nei contratti di lavoro rappresentano un passo importante verso una maggiore chiarezza e uniformità nelle regolazioni. Tuttavia, rimangono alcune questioni che necessitano di essere approfondite, soprattutto riguardo alla contrattazione collettiva e ai casi particolari di calcolo e interpretazione della normativa. La corretta applicazione di queste nuove disposizioni richiederà attenzione sia da parte dei datori di lavoro che dei lavoratori, nonché un eventuale intervento della giurisprudenza per risolvere i dubbi interpretativi.