L’utilizzo del saldo attivo di rivalutazione in sospensione d’imposta (ex art. 15 DL 185/2008) per la copertura di perdite cumulate non comporta l’emersione di alcun presupposto impositivo, purché non determini, nemmeno indirettamente, una distribuzione ai soci. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello 21 agosto 2025 n. 219.
Nel caso esaminato, la società ALFA S.r.l., interamente controllata da una holding, veniva costituita nell’ambito di un più ampio progetto di riorganizzazione interna al gruppo, articolato in una serie di operazioni straordinarie tra cui una fusione per incorporazione e una scissione parziale proporzionale. A seguito della scissione, la società (in qualità di beneficiaria) riceveva delle partecipazioni societarie precedentemente detenute dalla scissa le quali, secondo la prassi contabile adottata da quest’ultima, erano state sempre valutate al costo, rettificato per perdite durevoli. Nel patrimonio netto della beneficiaria la scissione comportava l’iscrizione di un saldo attivo di rivalutazione in sospensione d’imposta derivante dalle rivalutazioni operate dalla scissa (ex art. 15 DL 185/2008), secondo i criteri previsti dall’art. 173, cc. 4 e 9, del TUIR. Dopo la scissione, la società manteneva inizialmente il criterio del costo per la valutazione delle partecipazioni, effettuando ulteriori svalutazioni imputate a conto economico. A partire dall’esercizio successivo, la società decideva di adottare retroattivamente il metodo del patrimonio netto, determinando una rilevante riduzione del patrimonio netto per effetto della rettifica iniziale e delle successive svalutazioni annuali derivanti dai risultati negativi delle partecipate. Al termine del secondo esercizio successivo alla scissione, il patrimonio netto della società si presentava fortemente compromesso, con ingenti perdite riportate a nuovo che la società intendeva coprire attraverso l’utilizzo delle riserve disponibili, tra cui il saldo attivo da rivalutazione. Pertanto, in sede d’interpello, la società manifestava l’intenzione di procedere alla copertura delle perdite cumulate seguendo un ordine preciso ovvero prima attraverso l’impiego dell’avanzo di fusione residuo e, solo in seconda battuta, con il saldo attivo da rivalutazione.
La questione centrale analizzata ha quindi riguardato la qualificazione fiscale da attribuire all’utilizzo della riserva in sospensione d’imposta. Sulla tematica, la società invocava l'orientamento consolidato dell’Amministrazione finanziaria (si veda anche la circ. 1 marzo 2022 n. 6/E), in base al quale gli utilizzi “interni” delle riserve in sospensione non generano effetti impositivi, in assenza di attribuzioni ai soci. Nel condividere integralmente la ricostruzione proposta, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che l’utilizzo del saldo attivo di rivalutazione a copertura delle perdite riportate a nuovo non rappresenta un evento fiscalmente rilevante ai sensi dell’art. 13 della Legge 342/2000, in quanto non determina alcun effetto distributivo. Ulteriormente è stata esclusa la necessità di ricostituzione della riserva ridotta, se la deliberazione dell’assemblea straordinaria ne sancisce formalmente l’estinzione. L’Agenzia ha, inoltre, confermato l’assimilabilità, ai fini fiscali, della posta negativa derivante dall’applicazione retroattiva del metodo del patrimonio netto ad una perdita riportata a nuovo.
La risposta rappresenta un’ulteriore conferma della natura moderata delle riserve in sospensione d’imposta derivanti da rivalutazione: l’utilizzo di tali riserve per finalità interne non costituisce una fattispecie distributiva e, pertanto, non comporta la decadenza dal regime di sospensione. La possibilità di utilizzarle per coprire perdite contabili, anche significative, rappresenta un’opportunità rilevante per le società che si dovessero trovare a gestire effetti patrimoniali negativi derivanti da svalutazioni contabili o modifiche nei criteri di valutazione. E’ auspicabile che in futuro l’Agenzia chiarisca espressamente anche l’ordine di priorità nell’utilizzo delle varie riserve, per ridurre le incertezze applicative e favorire comportamenti coerenti con la normativa civilistica e fiscale vigente.

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